Usare la sala di attesa per la mungitura come locale per una (anzi, di più) sessione di cooling alle vacche.
Perché no?
Perché, cioè, non sfruttare strutture preesistenti, con qualche piccola modifica, per arrivare a obiettivi per cui quelle strutture, propriamente, non sono state pensate?
Detto il concetto andiamo al caso pratico, come d’abitudine.
In questa stalla, che già altri spunti ha dato a queste pagine, si è fatta una cosa interessante che ha a che vedere con il grande problema di ridurre la temperatura corporea delle bovine delle fasi più calde dell’anno.
La premessa era che, pur con tutte le aggiunte e sistemazioni del caso, era difficile arrivare a garantire una completa copertura dei problemi di caldo estivo alle vacche in lattazione nella loro stalla. Non una sensazione, ma un dato verificabile strumentalmente dai rilevatori di stress termico posizionati sulle bovine.
Bene, che si è fatto? Si è adattata la sala di attesa a sala cooling. La struttura era vecchiotta, è vero, ma lunga e relativamente stretta. Coperta su un lato (dall’altro ci pensa la parete) e dotata di docce e ventilatori adeguati è diventata un vero e proprio tunnel di raffrescamento per le bovine.
Quando fa molto caldo le vacche in lattazione entrano qui sei volte al giorno, tre per la mungitura e altre tre volte per il solo raffrescamento. Per la superficie del tunnel potrebbero starci 150 vacche: se ne fanno entrare 80-massimo 100- per ogni sessione di raffrescamento, con bagnatura e poi ventilazione a cicli alternati.
Bene, si dirà: però in questo modo si toglie tempo alle bovine per il riposo, facendole alzare e avviandole al tunnel altre tre volte rispetto al movimento obbligato delle tre mungiture giornaliere.
Questo è vero, ma è altrettanto vero che, parlando di stress da caldo, il tenere la temperatura corporea sotto la soglia critica è prioritario – cito a memoria una recente ricerca israeliana – e viene prima, come importanza, anche di un po’ di riposo perso.

