Mettiamo in fila alcuni punti.
La dinamica di crescita della produzione mondiale di latte è sempre più debole ed è in vista un’inversione di tendenza.
Già è in diminuzione la produzione di Australia e Nuova Zelanda del 2016 e anche l’Europa sta imboccando la retromarcia, con una produzione della seconda parte del 2016 prevista più bassa di quella dello scorso anno.
Sempre in Europa si riduce la dimensione delle mandrie in molti Paesi e si misureranno gli effetti degli incentivi alla riduzione a partire dall’autunno.
È vero che gli stoccaggi sono pieni, che i progressi tecnici (e l’entrata in produzione delle figlie di tori genomici ha il suo peso) compensano con maggiori produzioni unitarie il calo numerico delle mandrie in molti paesi, ma la minore disponibilità di latte sul mercato è una tendenza chiara.
Ed è tornata a crescere la domanda di latte e derivati della Cina, elemento chiave per dare un indirizzo ai mercati.
Cresce infatti il prezzo del latte spot, e cresce su tutte le piazze il prezzo di latte in polvere e di formaggi “commodity” (Cheddar, Emmenthaler, Edamer).
Alcune tra le cooperative Big Size in Europa stanno alzando il prezzo ai produttori e anche Fonterra, dall’altra parte del mondo, ha alzato la sua previsione di prezzo del latte alla stalla.
Lactalis, per avvicinarsi a cose di casa nostra, ha riconosciuto un aumento di 3 centesimi/litro ai produttori francesi.
Ce n’è a sufficienza per cominciare a parlare anche in Italia di un prezzo del latte che superi il livello attuale, figlio delle sovrapproduzioni del post quote, per dare ossigeno a un settore stremato.
Finiti gli ultimi lavori in campagna non è detto quindi che i trattori restino in ozio nelle rimesse.