Robot di mungitura e unifeed: chi cambia chi non cambia affatto.
Quando si parla di robot di mungitura si parla di un sistema per estrarre latte, ed è così. Ma per le bovine si dovrebbe parlare soprattutto di un sistema di alimentazione. Dove trovano qualche cosa molto attraente, come il mangime.
Da qui il passo verso il discorso alimentare nel suo complesso è assai breve.
Oggi vorrei proporvi due spunti opposti, dettati l’uno della ricerca, e corrispondente a un pensiero consolidato, e l’altro dall’esperienza pratica di una stalla. Stalla però universitaria, quindi gestita – vien da credere – non proprio a casaccio.
Questo per evidenziare come – anche in questo caso – la verità assoluta non esiste e possono convivere protocolli ed esperienze molto distanti, in un disegno complessivo funzionante.
Ebbene, il primo spunto su robot di mungitura e unifeed viene da un recente convegno della SIB, la Società Italiana di Buiatria.
Oltre alla qualità e palatabilità del pellet (due elementi fondamentali: può crollare l’acesso al robot per un cambio di mangime non adeguato) c’è un corretto PMR, ossia Partial Mixed Ration o che va accanto al noto TMR, ossia l’unifeed che copre tutti i fabbisogni. Quindi – il consiglio del prof relatore – una razione che copra solo parzialmente i fabbisogni delle bovine, per dare loro la “fame” che le spinga al robot.
Nello specifico: l’80-90% dei nutrienti forniti attraverso il PMR, il resto con il mangime, tenendo presente che la massima assunzione di pellet è di circa 430 grammi al minuto, e quindi il quantitativo giornaliero deve essere tale da poter essere assunto completamente nelle visite fatte dalla bovina al robot. Altrimenti si rischia di darle meno di quanto necessiti.
Veniamo alla seconda situazione di robot di mungitura e robot, che va invece in un altro senso.
Qui, come mi spiega il direttore della stalla, è stata fatta una scelta un po’ diversa da quella degli altri allevatori quando inseriscono il robot. “Normalmente la prima cosa che gli viene detto è quella di impoverire un po’ la miscelata, affamare un po’ le vacche, perché vadano al robot.
Ma qui si va a materie prime. Scaricando la miscelata ossia togliendo farina di mais e farina di soia, queste le dovrei mettere attraverso il mangime, il che mi costa di più rispetto alle materie prime di partenza”.
Quindi?
“Quindi sono partito mantenendo la miscelata invariata, stessa composizione, e abbiamo lavorato nel robot andando a premio in base alla produzione. Abbiamo creato delle tabelle alimentari, in funzione della distanza dal parto e della produzione media dei cinque giorni precedenti.
La tabella alimentare stabilisce quanto mangime dosare a ogni singolo animale, in modo tale che l’animale che fa 60 litri arrivi a prendere 5-5,5 kg di mangime, e l’animale che fa 35 litri circa 2 kg di mangime al giorno. E tutte con la stessa miscelata, rimasta invariata. Invariata perché tarata sulla produzione pre-robot”.
Detto ciò, lungi da me dire ciò che va meglio e ciò che va peggio. Con il robot di mungitura sono tantissime le variabili che influenzano un soddisfacente giro delle bovine e quindi non si può che ragionare solo in termini olistici.
Aggiungo un dettaglio, in chiusura: un dato comune di molte stalle di piccole dimensioni (questo me lo diceva un responsabile vendite di una nota azienda installatrice) con una cinquantina di capi, passate al robot, è il risparmio sul quantitativo complessivo di mangime utilizzato. Questo perché l’abbinamento unifeed e integrazione al robot ha permesso di fare un passo avanti verso un’alimentazione più precisa ed efficiente.
Con meno costi, ma anche – ragionando in prospettiva – abbassando l’impronta di carbonio del latte prodotto.