Leggendo questo articolo su un importante quotidiano (clicca qui per vederlo) ieri, ripreso poi dal solito reticolo di testate e siti di vario ordine e grado, vi sarà sicuramente scappato l’occhio su una frasetta apparentemente buttata lì a rimorchio dell’affermazione principale, di poche parole, ma potenzialmente micidiale.
Vediamo.
Chi parla è Ilaria Capua, di cui tutti ormai sanno tutto e che ogni giorno è citata e ripresa.
Torniamo a noi. Nell’intervista si fa riferimento alla questione di cani e gatti potenziali fonte di ricontagio per gli umani, in quanto potrebbero fare da serbatoio del SARS-CoV-2 ricevuto dal contatto con il padrone e restituire il favore successivamente. Una questione serissima, portata all’attualità da alcuni casi allo studio riferiti da Hong Kong e dal Belgio.
Tuttavia, e qui veniamo al punto, riporto la frase virgolettata del quotidiano, nel capitoletto sulle infezioni di ritorno dagli animali: «è arrivato il colpo di coda che ci aspettavamo. Essendo un virus di origine animale, ora torna a infettarli. Bisogna così gestire anche l’infezione degli animali, sia domestici come l’esemplare felino che quelli da reddito, negli allevamenti. E questo sarà un enorme problema di gestione sanitaria pubblica».
Io avrei messo qualche virgola in più, ma il punto è un altro. È quel riferimento agli animali da reddito. Che non risulta al momento suffragato da prova o caso dimostrato.
Infatti nel paragrafo successivo dove si fa riferimento all’Istituto superiore di Sanità, si sottolinea che «fino al 2 aprile sono solamente 4 i casi documentati di animali domestici positivi: in tutti i casi all’origine dell’infezione vi sarebbe la malattia dei loro proprietari affetti da COVID-19». E, più in là, si parla di gatto, furetto e, in misura minore, cane, in relazione alla suscettibilità all’infezione da SARS-CoV-2.
Animali da reddito spariti. Dato che dire animali da reddito significa parlare di filiere fondamentali per la nostra produzione agroalimentare, buttarli nella mischia insieme a gatti, cani e furetti è un po’ acrobatico e rischioso.
Meglio sarebbe dire il perché anche loro sono stati citati, visto che lo si motiva per gli animali da compagnia.
Invece proprio agli animali da reddito si può collegare in qualche modo la notizia sull’ivermectina, un antiparassitario assai noto nelle produzioni animali, che secondo una ricerca australiana in corso ha mostrato in vitro di abbattere la capacità di replicazione del SARS-CoV-2 in cellule infettate.
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