Se si aprono le tight junctions dell’epitelio (e passa quel che non dovrebbe passare). Il tema è interessante e sta guadagnando spazio e tempo nei convegni e nelle osservazioni degli addetti ai lavori, per capire e migliorare certe problematiche che nel post parto si intrecciano.
Siamo di fronte a una specie di circolo vizioso, del quale non si capisce bene cosa cominci e cosa arrivi dopo. Verrebbe da paragonarlo al classico “prima l’uovo o la gallina”, se non fosse che qui non si parla di avicoli.
Infatti, sul perché queste giunzioni dell’epitelio, o tight junctions (particolari proteine che legano tra loro le cellule dell’epitelio intestinale, ma anche ruminale) si allentino, facilitando il passaggio all’interno del lume di tossine e altre molecole dannose per l’organismo, si dibatte.
L’opinione prevalente è che si tratti di una anomalia favorita da elementi stressanti di vario tipo a carico dell’animale, che attivano un processo infiammatorio che a sua volta ha, tra le sue conseguenze, anche la maggiore permeabilità dell’epitelio.
Comunque sia i meccanismi biochimici e fisiologici che si attivano sono estremamente complessi e coinvolgono direttamente il sistema nervoso centrale, che riceve segnali derivanti dall’innescarsi del processo infiammatorio e che a sua volta induce modificazioni nello svolgimento di determinate attività cellulari, come la sintesi delle particolari proteine – da parte delle cellule epiteliali – necessarie per la “costruzione” di tight junctions efficaci.
Al centro di tutto una situazione di infiammazione, per cause di varia natura: nutrizionali, nervose, per agenti patogeni che si insinuano tra le cellule dell’epitelio, per la presenza di endotossine derivanti dallo sfaldamento delle pareti cellulari, ammine, micotossine, per sovraffollamento, per eccessi di temperatura, per le interazioni sociali nella mandria…
Il processo infiammatorio che si innesca, con immissione in circolo di numerosi mediatori chimici e l’attivazione del sistema immunitario, è la reazione dell’organismo animale al fattore stressante da cui è stato interessato.
E tra gli effetti di tutto ciò c’è anche la maggiore permeabilità intestinale. Un fattore che sicuramente ha un peso importante nell’indurre una maggiore permeabilità dell’epitelio intestinale è un pH eccessivamente basso, conseguenza diretta della fermentazione dei carboidrati.
Nel rumine è noto il problema dell’acidosi legata all’eccesso di fermentazioni di amidi, ma questo problema – sia pure con minore consapevolezza da parte degli allevatori – riguarda anche il grosso intestino.
Importanti quantità di amido che oltrepassano il rumine indigerite possono infatti arrivare nel grosso intestino e qui essere oggetto di fermentazioni con conseguente brusca caduta del pH.
Qualcosa di analogo avviene anche nel rumine, sia pure esso presenti qualche differenza nella sua membrana rispetto a quella del grosso intestino. Ci sono però anche qui delle tight junctions che si possono allentare laddove ci sia uno stress, ad esempio causato dal brusco abbassamento di pH in caso di acidosi.
Questo è quanto, in estrema sintesi, raccogliendo quanto si questo si è parlato anche in convegni recenti.
Un tema che vede l’Università Cattolica di Piacenza ai vertici nello studio e nelle decodificazioni di queste complesse problematiche. Quindi quando vedete che c’è qualcuno di loro in qualche convegno a parlare di questo, andateci senza tema di essere delusi.