Ci sono tante cose che non vanno nella filiera da latte e molte di esse riguardano ingranaggi e articolazioni esterne alle stalle. Pesano – eccome – sui conti delle aziende, ma i percorsi per ridurne l’impatto negativo sono solo all’inizio e non si può certo immaginare risultati importanti e stabili per l’oggi.
Più a portata di mano sono i risultati che si possono ottenere lavorando per migliorare ancora di più l’efficienza aziendale. Certo, non è un concetto nuovo e per tante stalle effettivamente è difficile individuare aree dove sia ancora possibile intervenire per razionalizzare e recuperare efficienza. Tante, ma non tutte.
Il mercato è una carrozza sulle montagne russe che gira vorticosamente e sbatte fuori senza tanti complimenti chi non è ben saldo sul suo sedile, trattenuto da un’efficienza aziendale tirata al massimo.
I posti vuoti che a ogni giro di giostra si notano tra i sedili (stalle che chiudono, sbalzate fuori da curve troppo rapide o tonfi imprevisti) sono la dimostrazione che non tutti hanno cinture di sicurezza adeguate.
C’è poi chi sulla carrozza è rimasto, ha resistito in qualche modo, ma il suo seggiolino traballa, la sua cintura di sicurezza è sempre più sfilacciata.
Sono quelle stalle che hanno costi di produzione ancora troppo alti, che spendono il doppio o il triplo delle altre in farmaci, che hanno dati riproduttivi troppo bassi, lattazioni troppo lunghe, cellule somatiche troppo alte, bassa o nulla conoscenza dei reali costi e delle aree in cui questi si generano, oneri finanziari pesanti, magari per investimenti fatti in passato guardando più alla potenza o al colore del trattore che alle reali necessità dell’una e dell’altro.
Ebbene, queste stalle non sono solo un problema per loro stesse, ma sono un problema di tutti e dovrebbe essere interesse di tutti lavorare perché migliorino l’efficienza e, per stare al paragone di prima, fissino meglio la loro cintura di sicurezza.
Il problema è di tutti, perché sono proprio queste aziende quelle dove più facile è la penetrazione delle sirene incantatrici della controparte al momento di definire prezzi e contratti, quelle che meno di altri possono opporsi e devono per necessità accettare anche compromessi umilianti, sottostare a veri e propri ricatti, rimangiarsi in triste solitudine impegni presi in precedenza, di resistere, tenere duro, eccetera, eccetera…
Sono il classico anello debole della catena. Non importa quanti anelli di acciaio essa abbia: ne basta uno di cartone e addio resistenza.
Ecco perché tutti devono fare il possibile per migliorare l’efficienza della propria stalla, ma anche quella del vicino.
Quando le trattative sul prezzo del latte si fanno dure (questo è quasi fisiologico quando gli interessi delle controparti coincidono solo in minima parte e i margini sono esigui), la coesione tra produttori che abbiano dati tecnico-finanziari tanto diversi, efficienze tanto distanti, costi di produzione tanto lontani, è possibile solo sulla carta, ma si sbriciola immediatamente.
Nella realtà, ogni diga eretta contro le possibili prepotenze della controparte rimane una diga di sabbia.