È cosa nota che il trattamento antibiotico generalizzato a tutte le vacche al momento della messa in asciutta è cosa da lasciare nel libro dei ricordi.
Un protocollo che, dalla sua adozione, ha portato innegabili vantaggi in termini di sanità delle vacche e qualità (e quantità) del latte.
Ma ora le esigenze sono altre.
La grande paura (non ingiustificata, tutt’altro) è quella delle resistenze batteriche agli antibiotici, alla loro perdita di efficacia e ai rischi incalcolabili legati al venir meno di questo fondamentale presidio terapeutico.
Non va dimenticato che l’avvento degli antibiotici ha rappresentato un salto di qualità nella storia dell’umanità paragonabile a poche altre scoperte nella millenaria avventura umana.
Ma anche l’avventura bovina, segnatamente da latte, deve molto agli antibiotici e la necessità di contenerne l’uso onde ridurre il rischio resistenze è una via di saggezza che comporta cambi di protocolli consolidati e percorsi gestionali a cui l’antibiotico ha dato – e continua a dare – un aiuto basilare.
Come la lotta alle mastiti, che resta la priorità in termini di efficienza produttiva, quantità e qualità di latte prodotto, durata in stalla delle bovine. Lotta alle mastiti che ha un suo momento chiave all’asciutta. E qui si dovrà lavorare diversamente in un prossimo futuro, con più gestione, più biosicurezza, più attenzione, più dati raccolti, meno trattamenti, ma fatti con una mira maggiore.
E, proprio per prendere meglio la mira, sarà sempre più importante sviluppare la capacità di esaminare velocemente il latte con strumenti diagnostici rapidi da utilizzare direttamente in allevamento. Kit con terreni selettivi e differenziali pronti all’uso per i principali agenti patogeni che potranno dare in tempi rapidi informazioni relative all’agente causale dell’infezione, ovviamente approssimative rispetto alla diagnosi specialistica di laboratorio, ma di grande aiuto per decidere se trattare o meno e con quale protocollo terapeutico.
Nei casi di mastite lieve o moderata – spiegano gli esperti – l’inizio della terapia può essere ritardata di 18-24 ore senza rischi ulteriori per l’animale. Ma sicuramente con un grande vantaggio se si conosce bene con chi abbiamo a che fare e con quale proiettile possiamo annientarlo. Piuttosto che sparare raffiche alla cieca.
I test diagnostici in azienda diventeranno pane quotidiano e imporrano un salto di qualità al lavoro di ogni giorno di chi è in stalla.