

Sapete che solitamente non faccio nomi, perché questo vuole essere uno spazio di condivisione di spunti e idee, che hanno la priorità sull’autore. Ma, come diceva Totò, ogni eccezione ha la sua regola e allora cito volentieri il prof. Paolo Bani, docente dell’Università Cattolica di Piacenza, per due ragioni. La prima è perché non di rado mi fornisce spunti e indicazioni assai utili, configurandosi tra i miei pusher di spunti più apprezzati. La seconda è perché è l’autore di quanto leggerete nelle righe seguenti, su siccità e mais, un tema di estrema attualità.
Se è vero che l’annata perfetta non esiste e ogni stagione porta con sé qualche guaio, lo è altrettanto il fatto che quest’anno sta andando decisamente peggio del solito per quanto concerne la disponibilità di acqua per le colture, oltretutto combinata con temperature alte (e che rimangono tali anche di notte) e abbastanza vento.
Diverse avvisaglie già le avevamo avute: ricordo, a puro titolo d’esempio, che lo scorso anno in diverse zone del Nord attorno al mese di maggio si è dovuti ricorrere all’irrigazione di frumento e orzo. Lo abbiamo dovuto fare anche noi nella nostra azienda sperimentale di Piacenza (Cerzoo).
Prima volta, almeno a memoria nostra, che comunque non siamo più nemmeno tanto giovani.
Come adattarci a questa nuova situazione, che speriamo tutti non si ripresenterà in forma così acuta nei prossimi anni, anche il trend sembra ormai tracciato?
La risposta non può essere né facile né univoca, soprattutto perché richiama competenze specifiche in svariati settori e un graduale adattamento a uno scenario di cambiamenti climatici repentini che appare tutt’altro che concluso.
Vale però la pena sottolineare come, soprattutto nel breve periodo, sia necessario puntare il più possibile su una gestione ottimizzata delle risorse in gioco (risparmio, inteso come maggiore efficienza, di tutto, acqua, energia, terreno, “chimica”, ma anche invasi, animali e colture più resilienti, ecc.) rispetto al contenimento delle cause (soprattutto minori emissioni).
Il motivo è semplice: anche se riducessimo da subito le nostre emissioni, italiane in primis ma anche europee, diciamo del 30% (ovviamente una boutade) il clima se ne accorgerebbe? Se non facessero altrettanto i grandi inquinatori, primi fra tutti Cina e Stati Uniti, immaginerei di no…
Tornando all’oggi, è indubbio che in molte realtà le colture di mais stiano soffrendo per scarsa disponibilità di acqua, come pure il fatto che la situazione è destinata ad aggravarsi, almeno per le colture da pastone o granella, viste le annunciate ulteriori limitazioni alla disponibilità di acqua per l’irrigazione.
Cosa ci possiamo attendere quando si andrà a trinciare il mais e a metterlo in trincea, almeno laddove la coltura abbia realmente sofferto la siccità, perché sotto questo punto di vista le situazioni sono molto differenziate anche tra zone molto vicine tra loro, anche tra appezzamenti entro una stessa azienda?
Innanzitutto, ricordiamo che le regole d’oro dell’insilamento non cambiano e che iniziano senz’altro con la necessità di un prodotto con un’adeguata percentuale di sostanza secca (32 – 35% per le trincee).
Un mais che soffra la siccità appare visivamente più secco di quanto non sia in realtà, soprattutto se è stata più o meno compromessa la fecondazione e il successivo sviluppo della granella.
Ricordiamo che la granella, che alla maturazione cerosa avanzata (linea del latte tra la metà e i ¾ della cariosside) rappresenta il 40 – 45% della sostanza secca dell’intera pianta, ha circa la metà dell’umidità del resto della pianta.
Quindi, se la produzione di granella si riduce a seguito dello stress idrico, a parità di stadio vegetativo, la coltura stressata sarà probabilmente più umida..
La raccomandazione è quindi quella di controllare l’umidità dell’intera pianta di mais, in quanto i normali indicatori esteriori, come la linea del latte, sono in questi casi meno affidabili e in genere tendono a sopravvalutare la percentuale di sostanza secca complessiva.
Se si raccolgono alcune piante (almeno 5) circa una settimana prima della data prevista di trinciatura e se ne controlla l’umidità, si potrà fare un punto oggettivo della situazione e calendarizzare la raccolta con maggiore cognizione di causa. Considerando una perdita giornaliera di umidità di almeno mezzo punto percentuale, che però può accelerare a 0.7 – 0.8 punti percentuali al giorno in condizioni come quelle attuali di caldo, una volta misurata l’umidità a una certa data si possono fare previsioni abbastanza centrate.
Se la misurazione fatta dovesse dare ad esempio un valore di 74% di umidità (quindi 26% di sostanza secca), si può prevedere che per arrivare almeno al 70 percento di umidità (30% di secco) serviranno 7-8 giorni.
Se la pianta dovesse “asciugarsi” più velocemente, perdendo ad esempio 0.8 punti di umidità al giorno, dopo 8 giorni saremmo comunque a poco meno del 68 % di umidità (32% di secco), quindi proprio nel range ottimale per l’insilamento.
Se ci si trovasse con un valore troppo basso, attorno al 22-24% di sostanza secca è opportuno ripetere i controlli a distanza di almeno 5-6 giorni.
Insilare la pianta con meno del 30% di sostanza secca comporta la produzione di coli ma aumenta anche il rischio di fermentazioni butirriche, dannose in sé e perché pongono a maggior rischio di contaminazione da clostridi il latte, con ricadute negative sul formaggio, se a medio-lunga stagionatura (oltre i sei mesi) come il Grana Padano.
Al contrario, andare sotto al 74-75% di umidità (quindi sopra al 35-36 % di sostanza secca) rende più difficile il compattamento, con aumento delle perdite iniziali di respirazione e maggiori rischi di deterioramento aerobico all’apertura della trincea.
In questi casi valgono le solite regole: trinciare più corto e schiacciare bene, anzi molto bene.
Con contratti ad ettaro, si sa, i contoterzisti hanno una certa tendenza a riempire rapidamente la trincea per stare al passo con le sempre più performanti trince che operano in campo. Schiacciare bene solo alla fine, prima di chiudere la trincea, non risolve assolutamente il problema.
Fine prima parte. Domani si riprende. Tema: Ma che mais si porterà a casa e che composizione e che valore nutritivo avrà?