Magari sarà un sorriso a denti stretti quello del bilancio di fine anno, sicuramente i tempi e le prospettive sono quelli che sono e la difficoltà ad essere ottimisti, per chi conduce una stalla di vacche da latte, è ben nota.
Tutto vero.
Anche in questa azienda in provincia di Cremona la realtà è impegnativa, ovviamente. Tuttavia quello che qui c’è e si vede è qualche cosa di istruttivo e sintetizzabile in una sola parola: strategia.
Strategia significa avere un’idea chiara dell’obiettivo a cui tendere e di come è possibile farlo al meglio in virtù delle proprie potenzialità, lavorando per potenziarle al massimo e, al contempo, ridurre al minimo i punti di debolezza.
Ebbene, la svolta in questa azienda ha coinciso proprio con la definizione di una strategia di azione chiara e precisa. Anziché aumentare continuamente il numero di capi nella stalla e comprare e affittare quote (quello che era stato fatto negli anni passati, arrivando a una mandria di 560 capi) si è deciso, già da alcuni anni, di invertire il paradigma: tenere fissa la quantità di latte massima determinata dalla quota aziendale, e fare questa produzione con il minor numero possibile di vacche.
Ne è conseguito un lavoro impegnativo che ha coinvolto tutti gli aspetti della gestione aziendale: le scelte riproduttive, la gestione, l’alimentazione, la parte sanitaria.
Il lavoro ha pagato, innescando un circolo virtuoso che in poco più di un anno ha permesso (a parità di latte prodotto) di avere in stalla 50 vacche di meno. La conseguenza diretta di questa riduzione del numero di animali è stata una maggiore disponibilità di spazi per le bovine: più posti in mangiatoia, nelle cuccette, più spazio nei box su lettiera.
Con effetti evidenti sulla tranquillità degli animali, sul loro benessere e sulla loro sanità, a dimostrazione che per le bovine vivere in un ambiente non sovraffollato e privo di competizione è la prima condizione per produrre di più e meglio.
Ma non è tutto.
Contestualmente alla scelta di abbassare il numero di capi in stalla, e anche per questo, si è cominciato a vendere animali da vita, iniziando un’attività divenuta sempre più importante ai fini del bilancio aziendale.
Al punto da rimodellare tutte quante le scelte gestionali, che ora sono così finalizzate: avere una mandria con il maggior numero di animali freschi presenti per massimizzare la quantità di latte prodotta alla massima convenienza e avere una grande produzione di rimonta per poter soddisfare tutte le richieste di animali da vita che la stalla riceve. E oltre.
Ovviamente, dietro a tutto questo ci deve essere una grande fertilità della mandria, che infatti è uno dei punti di forza dell’azienda. “Vedendo quanti animali arrivano nelle nostre stalle, specialmente dalla Germania, mi sono detto: se lo possono fare i tedeschi, perché non posso farlo anch’io?”
Così ha pensato l’allevatore titolare della stalla, che è anche veterinario, alcuni anni fa.
Ecco alcune sue considerazioni.
“Anche gli allevatori tedeschi non guadagnano molto con il latte e per questo hanno puntato molto sulla vendita di animali e quindi questa poteva essere una scelta economica interessante anche per noi. Così abbiamo cambiato strategia aziendale. Basta acquistare e affittare quote per alzare la quantità di latte da produrre. Al contrario, tenendo come limite massimo la quantità di latte definita dalle nostre quote, abbiamo cominciato a vendere animali, riducendo progressivamente il numero della mandria”.
“Richieste ne avevamo e da allora sono continuamente cresciute, al punto che ormai la vendita di animali da vita rappresenta nel nostro bilancio circa il 60% degli utili. Principalmente sono richieste secondipare e terzipare, appena sgravate”. Ma non mancano anche le richieste di bovine già gravide, anche se produrranno un po’ meno o c’è chi vuole la bovina gravida a luglio per avere il parto ad aprile, così come ci sono richieste per vitelle sotto i 40 giorni. Io cerco di soddisfare tutte le richieste”.
“Per soddisfare le richieste di animali da vita l’allevamento deve essere numericamente consistente, e, infatti, ha un peso importante, e anche un costo: su 530 vacche ci sono circa 900 manze. Per avere questi numeri di femmine in stalla ricorriamo fortemente al seme sessato, che usiamo non solo sulle manze, ma anche sulle primipare, con buoni risultati”.
“Serve una buona fertilità, questo è chiaro, altrimenti sarebbe difficile fare i numeri che facciamo. Quanto alle scelte di selezione cerchiamo soprattutto soggetti miglioratori per fertilità, cellule, longevità, parto facile della primipara, oltre a latte e titoli. Questo continuo lavoro di selezione ha permesso di costruire nel tempo animali con buona fertilità, resistenti e longevi, con basse cellule e buone produzioni, molto richiesti dal mercato, abbiamo sempre puntato a fare animali per la stalla, che facciano latte, siano fertili e con poche cellule, senza badare troppo ai certificati. Del resto è quello che ci viene chiesto”.
Questa in sintesi è l’azienda e la sua storia recente, con gli spunti di riflessione che può fornire. Perché non c’è mai la soluzione perfetta da copiare, ma un aggregato di fattori all’interno del quale ognuno può trovare quello o quelli che più si adattano alla sua storia particolare.
Qui il punto di svolta è stato quello di ridurre il numero di animali in stalla per aumentare la redditività e abbinare alla vendita di latte quella importante di animali da vita.
Un’alternativa alla scelta di chi in passato ha puntato a mettere sempre più vacche in stalla, con il risultato di avere spazi insufficienti, maggiore competizione, minore benessere e, in genere, meno latte e più problemi.