Se in Italia la differenza tra chi spende di più e chi spende di meno per farmaci nella stalla va da 400 a 80 euro per capo all’anno, vuol dire che, al di là di tutta la retorica che si getta a piene mani quando di parla del lavoro di chi fa il latte, c’è qualcuno che sa lavorare molto meglio di altri. E viceversa.
Non è una questione di passione, che quella è cosa che uno può anche averla a mille, ma di razionale organizzazione delle operazioni e di aggiustamento mirato dei punti deboli.
E l’alto consumo di farmaci, in primis di antibiotici, è già ora un grosso punto debole per una stalla, ma a breve diventerà addirittura una barriera che discriminerà tra chi continuerà ancora a produrre latte e chi dovrà smettere.
Sono due le direttrici che rischiano di schiacciare in una tenaglia fatale chi ha una spesa eccessiva per antibiotici.
La prima è la stretta sulla disponibilità di molecole per il settore veterinario. Tra non molto saranno assai limitate le possibilità di intervenire con antibiotici in stalla, sarà cosa del passato il trattamento di massa a scopo preventivo (ad esempio per l’asciutta) e, dunque, potrà continuare solo chi ha nel frattempo sviluppato una gestione complessiva dove la prevenzione di ogni forma di infezione sia stata portata ai livelli più efficaci. Altrimenti sarà una guerra persa in partenza.
La seconda spinta sarà quella che darà il circuito commerciale, a sua volta condizionato dalle richieste dei consumatori. Chi non sarà in grado di garantire livelli minimi di farmaci inseriti nel processo produttivo finirà dapprima in circuiti di serie B, dove il prezzo sarà quello che sarà, per poi essere prima o poi messo alla porta.
Insomma, per chi ancora non lo avesse ancora fatto – colpevolmente – c’è di che cominciare a ragionare in fretta su come abbassare il consumo di farmaci in generale e di antibiotici in particolare.
Anche perché c’è un altro dato interessante da considerare.
Le stalle dove si spende di più per trattare le vacche per la mastite non sono automaticamente quelle dove i problemi sono minori. A volte è il contrario. Probabilmente perché c’è un accanimento nel trattare certi animali, con grande immissione di antibiotico, ma senza risultato apprezzabile, se non quello di spendere soldi, scartare latte e “allevare” ceppi microbici resistenti.
Una ragione in più per lavorare in anticipo, togliendo una a una, per quanto possibile, le cause di infezione. E eliminando dalla mandria quei capi che si dimostrano refrattari a ogni apprezzabile miglioramento.
Come mi diceva un veterinario esperto di queste cose, quando si comincia a trattare una mastite si è già perso il 60% della battaglia. Mettere a punto un lavoro efficace di prevenzione permette non solo di evitare di combattere poi per quel 40% di possibilità di vittoria, ma anche di risparmiare soldi, residui e latte di scarto.