L’abbeveratoio è uno degli snodi chiave dell’allevamento, una (possibile) strettoia attraverso la quale i risultati complessivi possono rallentare, rispetto alle potenzialità, e anche di molto.
Eppure, malgrado la sua importanza, l’abbeveratoio è solo recentemente assurto al posto d’onore che gli spetta, come strumento per veicolare il primo alimento che la vacca assume, ossia l’acqua.
Non che all’abbeveratoio si chiedano poche cose: l’acqua deve essere tanta in poco tempo, pulita, possibilmente non troppo fredda in inverno e gradevolmente fresca in estate. E, ovviamente, deve essere acqua pulita.
Non consideriamo la questione delle tubazioni e limitiamoci al punto di uscita: tazza o vasca?
Ecco come si è comportato questo allevatore, che da meno di un anno ha completato una stalla estremamente moderna e funzionale.
La sua scelta, un po’ controcorrente, è andata sulla tazzetta, e allora è interessante sentire il perché.
L’acqua nella vasca, dice, è difficilmente pulita, per cominciare. E poi – questo è il punto – se si fa il pre-riscaldamento dell’acqua come qui (sempre temperatura costante a 20°C, estate e inverno) se ci fossero vasche di abbeverata il contenuto dell’acqua nella vasca dovrebbe essere abbastanza basso. E se ci andassero a bere più vacche contemporaneamente ci sarebbe poca acqua a disposizione per ciascuna di esse, che berrebbe meno di quanto dovrebbe.
Quindi tazzette, anche nello spazio adiacente i robot di mungitura, dove maggiore è il consumo di acqua all’uscita. Ma, attenzione, spiega: devono essere abbeveratoi da 20/25 litri al minuto e devono essere in gran numero.
Qui, per dire, c’è una tazzetta ogni 6 vacche presenti, distribuite, oltre che nell’area di accesso ai robot anche nei passaggi e nei box di separazione. Una soluzione che gli assicura acqua sempre pulita, alla giusta temperatura e senza necessità di lavoro.