Prima ci ha pensato il vice cancelliere tedesco, Matthias Fekl, sostenendo che il negoziato sul TTIP era di fatto ormai fallito.
Poi ha rincarato la dose il presidente francese, Francois Hollande, che ha invitato a non farsi illusioni su una imminente conclusione, anche perché la Francia, in occasione dei lavori del prossimo Consiglio dei ministri del Commercio estero, previsto per il 22 settembre a Bratislava, chiederà di fermare i negoziati sull’accordo di libero scambio commerciale tra Ue e Usa, che, come tutti sanno, ha pesanti implicazioni anche per il settore agroalimentare.
La Francia lamenta il fatto che gli americani concedano poco e che le relazioni non siano equilibrate.
Ma dai, chi l’avrebbe detto?
La Commissione Ue dice che la trattativa andrà avanti, ma sembra una frase di circostanza.
A dire il vero, sostegno al TTIP l’ha ribadito il ministro italiano allo sviluppo economico Carlo Calenda, ma si sa che l’Italia conta come il due di briscola in Europa, e quindi la nostra posizione – come per ogni altra questione – sarà del tutto irrilevante.
L’ostilità al TTIP è cresciuta nel tempo, quanto più filtravano particolari dalle segrete stanze in cui il negoziato si svolgeva.
Al di là delle considerazioni di merito sul trattato, anche quelle di metodo fanno riflettere su cosa è ormai l’Europa, su chi comanda davvero e su quanto contano i Parlamenti nazionali e, soprattutto, la volontà popolare.
Trattative condotte per mesi e mesi in assoluta segretezza tra funzionari Usa e Ue, nessuna informazione, nessuna pubblicità. C’è voluta una fuga di notizie propiziata da Greenpeace per obbligare i burocrati europei a permettere la visione dei punti sotto esame ai parlamentari europei.
Ma solo per un tempo limitato e senza possibilità di fare copie.
Una segretezza che fa pensare, un protagonismo di burocrati anonimi mai eletti da nessuno (e sono loro i veri detentori del potere nella Ue e per questo sono terrorizzati all’idea che qualcuno possa andarsene, dimostrando che c’è vita fuori da questa Ue – vedi Brexit), una tenace ostinazione nel tenere la popolazione all’oscuro dei contenuti, i Parlamenti nazionali destinati semplicemente a ratificare decisioni prese altrove.
Insomma, dovesse veramente morire il TTIP, saranno in pochi a piangere.