Può il mondo della produzione trarre spunti e insegnamenti da chi questo mondo lo contesta alla radice? Da chi vede l’allevamento come il nemico giurato a cui dedicare sforzi senza risparmio per ridurlo (ma, se fosse possibile, anche annientarlo) ai minimi termini?
A mio avviso sì, e su questo avevo già speso in passato un paio di post a partire da un filmato recente che potete vedere cliccando qui e anche cliccando qui. Un filmato che è una significativa sintesi di tante cose che è bene conoscere se si vuole abbozzare, sul piano della comunicazione, un modo di porsi da parte del mondo della zootecnia che sia in qualche misura in grado di fare da argine e controbattere alle accuse rivolte dal mondo animalista.
Dopo aver passato in rassegna alcuni dei punti chiave del modus operandi del “nemico”, condivido ora un piccolo decalogo per essere più efficaci nell’agone della comunicazione.
- Prima arriva l’emozione, poi il ragionamento. Ci si rivolge a un pubblico che è praticamente analfabeta in materia di produzioni animali, di allevamento, di conduzione di una stalla. A questo pubblico, per farsi capire, bisogna dare cose semplici, elementari. Partendo dalla base.
- Si contesta al mondo dell’allevamento di dare un’immagine distorta della realtà: la mucchetta al pascolo, la fattoria felice, tutta roba improbabile. Eppure questa immagine è data dall’industria, per sue ragioni di marketing.
- È facile dire che la realtà è differente, ma proprio questo può essere un punto di forza vincente. Non bisogna aver paura di raccontare (bene) come è fatta e come si sta in una stalla razionale. Se lo si fa come si deve si vince facile (vedi la pubblicità della Latteria Soresina, un vero e proprio spartiacque).
- Benessere animale reale, risparmio energetico, blocco di carbonio nel suolo, utilizzo di sottoprodotti e alimenti non utilizzabili per l’uomo nell’allevamento, numeri effettivi dell’allevamento nelle emissioni di gas serra, uso del sessato per ridurre i maschi in eccesso, reale consumo di farmaci… sono alcuni dei punti che si possono illustrare e spiegare per controbattere alle accuse.
- Attenzione a non cadere sempre nel tranello di fare condurre le danze agli altri, ossia di fissare il proprio progetto di comunicazione solamente come risposta alle accuse di altri. L’agenda della comunicazione deve essere costruita su propri obiettivi, con propri step successivi, con un disegno complessivo che deve essere quello di far vedere l’allevamento per quello che è non di controbattere alle accuse. Non si può fare catenaccio in area, qualche volta bisogna giocarsela in attacco.
- Necessità di non barare sui numeri, di ammettere che tuto non è perfetto e fissare obiettivi misurabili per i punti più controversi (ad esempio sulle emissioni gassose).
- Non c’è zona franca: telecamere nascoste possono arrivare ovunque, in ogni azienda, in ogni ora. Ci sono immagini che pesano come macigni: scatole di farmaci, animali morti, maltrattamenti, cumuli di deiezioni tra gli animali. Roba che non deve avere mai cittadinanza in una stalla.
- Basta un caso per buttare all’aria tutto. Chi contesta l’allevamento continua ad agitare il sospetto che la realtà sia diversa da quella che viene raccontata. Per questo basta un singolo allevamento con una situazione negativa per fare un danno enorme. Questo è un problema di tutti, perché il danno di uno si propaga su tutti gli altri.
- Questo aspetto chiama in causa i controlli fatti in allevamento. Punto di vanto delle nostre filiere sono gli innumerevoli controlli che la sanità pubblica fa in allevamento. Però chi contesta dice che trova con la massima facilità i casi estremi che filma e mostra: da qui a far passare il messaggio che i controlli siano fatti male è un giochetto facile.
- Serve qualità e professionalità nel comunicare: un conto è quello che si vuole comunicare, un altro è riuscire a farlo in maniera efficace. Per riuscirci si devono unire le forze, mettere fondi, appoggiarsi a professionisti. Gli sforzi dei singoli sono lodevoli, ma ben poco possono di fronte alle capacità e alla forza d’urto mediatica di chi contesta alla radice l’allevamento, e lo fa con capacità, metodo, obiettivi e strategia.