Adesso c’è altro a cui badare, ma nessuna illusione: la battaglia contro l’allevamento è solo in pausa, pronta a ripartire.
Già in questi giorni non mancano di far capolino qua e là i trombettieri dell’animalismo, che cercano di tirare come un elastico, a volte anche con un certo sprezzo del ridicolo, la situazione attuale per dare contro al sistema delle produzioni animali.
Tornando al punto. Pensate – a burrasca finita – che non sarete mai vittima di qualche incursione animalista, che non sarete mai messi alla gogna per questo o quello che l’intrepido incursore ha visto, filmato, postato entrando di soppiatto nella vostra stalla, magari in compagnia di altri intrepidi incursori come lui?
È probabile.
I casi, quando ci sono, fanno notizia perché hanno grande risonanza, ma il calcolo delle probabilità è comunque dalla vostra parte, stante il numero delle stalle e l’esiguità degli intrepidi incursori animalisti.
Tuttavia non è il caso di prendere sottogamba il pericolo e, soprattutto, è importante riconoscere che temi come il benessere animale, la sostenibilità, la riduzione del consumo di farmaci, per citarne alcuni, sono diventati fondamentali per chi ha un’impresa zootecnica.
Sono vere e proprie linee guida del lavoro di ogni giorno e lo saranno sempre di più.
È vero che questo è ciò che avviene in molte stalle, dove i passi che si stanno facendo in queste direzioni sono importanti.
Ci vorrebbe però qualcosa di più: renderlo evidente, comunicarlo apertamente.
Come singola stalla.
In una stalla dovrebbe insomma trovare posto, in una posizione ben visibile a chiunque entri, meglio ancora all’ingresso, un “manifesto”, nel quale si comunichi brevemente, a punti, la policy aziendale in tema di allevamento.
E cioè, che si alleva nel rispetto del benessere, che si ha un approccio prudente all’uso dei farmaci in stalla e della chimica nei campi, che si lavora in armonia con l’ambiente e si contribuisce a ridurre le emissioni di CO2, che chi lavora nella stalla segue regolarmente corsi per gestire gli animali nel miglior modo possibile. Giusto per tracciare qualche punto.
Un manifesto del genere, in una forma più ampia e descrittiva, dovrebbe essere poi ben visibile nella pagina aziendale sui social in cui l’azienda è presente, si mostra e si racconta.
Ovviamente non basta un bel manifesto, anche se è già un punto di partenza. Si deve essere poi pronti a dimostrare in ogni momento che quanto si scrive è vero.
E cioè con misurazioni, dati.
Anche perché, paradossalmente ma non troppo, un manifesto del genere potrebbe fare da attrattiva per qualcuno – sappiamo chi – che vuol dimostrare che non è vero.
Chiaramente non tutti sono in una situazione perfetta. In ogni realtà ci sono punti deboli, cose da fare per avvicinarsi al punto ideale.
Tacerli? Fare finta che tutto sia in ordine? No di certo. Sarebbero dei perfetti boomerang che si ritorcerebbero sull’immagine dell’azienda.
Quello che serve è individuarli (magari facendosi aiutare da qualcuno fuori dal giro che possa guardare alla stalla non con gli occhi di un addetto ai lavori) e impostare un programma per porvi rimedio.
E questo programma andrebbe evidenziato e spiegato (ad esempio nella home page dell’azienda) e andrebbe fornito il calendario di attività in cui ragionevolmente si arriverà alla soluzione del problema.
Un manifesto del genere può essere anche un utile promemoria per tutti coloro che lavorano in stalla sul fatto che non ci sono alternative al lavorare in un certo modo ogni giorno dell’anno.
Quale è il guadagno in tutto ciò? L’azienda passa, sul versante della comunicazione, da un atteggiamento passivo, di chi si nasconde cercando di non essere coinvolto, a quello attivo, in cui orgogliosamente dice cosa fa. E come intende fare ancora meglio domani quello che già fa bene oggi.