Ci mettiamo un po’ di riso insieme al mais? O, meglio: dentro il mais.
E perché dovremmo farlo? Semplice: per aumentare la sua resistenza alla siccità, problema destinato – purtroppo – ad essere sempre più attuale anche a latitudini dalle tradizioni molto più piovose.
Torniamo al riso.
Secondo questo studio (che trovate pubblicato sulla rivista Plant Physiology ) la cosa potrebbe essere interessante non solo per il mais, ma anche per altre colture, come il riso o il grano. Con la possibilità di fronteggiare meglio il problema della scarsità d’acqua e la necessità di assicurare comunque produzioni crescenti.
Andiamo con ordine.
Alcuni anni fa i ricercatori avevano dimostrato di poter aumentare la produttività del mais introducendo nella pianta un gene del riso, che regola l’accumulo del saccarosio nei chicchi.
Il gene – come riporta lo studio – sarebbe, infatti, in grado d’influire sulle prestazioni di una sostanza chimica naturale presente nel mais, il trealosio 6-fosfato (T6P), che influenza la distribuzione del saccarosio nella pianta.
Gli specialisti hanno cercato di capire i meccanismi che sono alla base di questo processo.
Hanno scoperto che l’introduzione del gene del riso abbassa i livelli di T6P nel floema – che è una componente essenziale del sistema di trasporto delle sostanze elaborate nei vegetali – permettendo a una quantità maggiore di saccarosio di raggiungere i chicchi in via di sviluppo e aumentando i tassi di fotosintesi, che determinano un ulteriore produzione di saccarosio.
Gli studiosi hanno anche deciso d’indirizzare il floema all’interno delle strutture riproduttive della pianta, in modo da rendere la coltura più resistente alla siccità.
Di sicuro la sfida per il mais è legata a doppio filo anche alla sua capacità di far fronte a situazioni estreme e a periodi di scarsità d’acqua prolungati. I geni sono al lavoro.