Un’altra idea sul monitoraggio dei corpi chetonici dopo il parto e, più in generale sui NEFA e sull’approccio alla chetosi subclinica. Spesso si dice che ci sono paradigmi che continuano a dettare protocolli operativi, anche se detti paradigmi potrebbero non essere più così certi.
E secondo il prof. Lance Baumgard, dell’Iowa State University – sintetizzando all’osso – questo può essere il caso dei corpi chetonici nell’immediato post parto e dei protocolli operativi legati alla loro rilevazione di routine per indirizzare il trattamento della chetosi subclinica.
Laddove si abbiano vacche che producono, mangiano e si muovono, il fatto che abbiano un livello elevato di NEFA (acidi grassi non esterificati) circolanti non deve essere considerato un problema, meno che mai una situazione da trattare, secondo il relatore.
Questo perché – ha detto – tutte le vacche dopo il parto hanno un alto livello di NEFA circolanti, ma non tutte si ammalano. Quindi non sono i NEFA il problema, ma semmai la conseguenza di una situazione a monte.
Perché con livelli elevati di NEFA ci sono animali depressi, inappetenti e poco produttivi, ma anche animali che mostrano comportamenti del tutto normali.
Dunque l’aumento dei NEFA circolanti, conseguenza della mobilizzazione dei lipidi che avviene nei giorni immediatamente successivi al parto, non solo non sarebbe di per sé dannoso, ma potrebbe avere anche una utilità metabolica nel portare nutrimento alle cellule di tutti i distretti dell’organismo, aggiungendo un “carburante” energetico al glucosio.
E, ancora, un’incongruenza che ha sottolineato il relatore è la presenza di iperglicemia in animali con alti NEFA circolanti, per i quali, invece, la situazione dovrebbe essere inversa, andando essi a colmare la mancanza di glucosio ematico (come conseguenza del bilancio energetico negativo) come carburante energetico per le cellule.
Il problema da andare a investigare quindi, per Lance Baumgard è il collegamento tra animali con problematiche metaboliche del post parto e la presenza di situazioni infiammatorie e di attivazione del sistema immunitario, che spiegherebbero tra l’altro l’iperglicemia che si rileva spesso nelle prime due settimane di lattazione.
Questa è la situazione a monte a cui si accennava.
Dove questi problemi di infiammazione non ci sono la bovina non ha problemi, pur con alti livelli di NEFA.
Insomma: secondo il prof. Baumgard è in primis alla infiammazione che dobbiamo guardare e sulla quale intervenire.
Sono quindi le semplici e buone pratiche di allevamento volte a minimizzare lo stress e a massimizzare l’igiene e il confort degli animali nella fase di transizione che dobbiamo perseguire con costanza per scongiurare tali problematiche.
Lavorare sodo su questo dunque, cosa peraltro utile sempre.
Ma allora il monitoraggio sistematico su sangue e urine dei del BHB (il betaidrossibutirrato) fatto di routine nei giorni successivi al parto su tutte le bovine?
Potrebbe dare risultati ingannevoli, ha spiegato.
Cioè, potremmo avere valori elevati, ma non automaticamente indicatori di una situazione di chetosi subclinica e quindi da indirizzare alle procedure standard con supplementazione di supporti energetici.
Semplicemente potrebbe essere la fotografia di una specifica organizzazione metabolica di quella bovina, non indicatrice di sofferenza presente o futura.
A patto che questa mangi, rumini e produca regolarmente. Se questo avviene, ed è questo che va monitorato con estrema precisione e assiduità (con la sensoristica a disposizione è abbastanza facile), si può tranquillamente ignorare il dato dei corpi chetonici, ha detto.
Se invece ci sono anomalie in termini di assunzione di sostanza secca, ruminazione e produzione di latte allora sì ha senso andare alla ricerca dei corpi chetonici sugli animali interessati, associata alla verifica della eventuale iperglicemia.
Perché questa indirizza il trattamento: certo non il supporto energetico che prevederebbe il protocollo classico da intervento su chetosi subclinica, segnalata dal valore anomalo di idrossibutirrato, che però in presenza di iperglicemia sarebbe assolutamente controproducente.
Semmai servirebbe un intervento deciso sullo stato infiammatorio, essendo esso è alla base dell’iperglicemia.
Decisamente un bel sasso lanciato nello stagno.
Che ne dite? Direi che può valere una chiacchierata col vostro veterinario.