In tempi di social media si può fare molto con poco per costruire un’immagine interessante dell’azienda e, magari, anche dare un contributo al contrasto di tante fake news, esagerazioni, miti e leggende che riguardano il mondo dell’allevamento. Miti e leggende che, il più delle volte, fanno presa sulla quasi assoluta ignoranza di questo mondo nella stragrande maggioranza di consumatori (nonché di fruitori di social vari).
Tutti sanno come funzionano i social, inutile spenderci parole e tempo. Tuttavia, se si vuole che i social possano diventare uno strumento di lavoro utile, c’è bisogno di darsi un programma di lavoro e anche una certa disciplina.
Dobbiamo innanzitutto distinguere due ambiti, e questa è una suddivisine importante.
C’è quello personale, dell’allegro cazzeggio dove si commenta di tutto, si scrive e si posta a 360 gradi. Questo primo ambito non ci interessa. È vero che non mancano riferimenti, immagini, spunti, legati alla vita di stalla e di azienda, e certamente sono cose buone e giuste, e anche utili per le relazioni che permettono tra colleghi. Però questo ambito è spazio privato, personale.
Quello che ci interessa, e che va gestito in maniera il più possibile professionale, è il secondo ambito. Ossia lo spazio dell’azienda come entità, anche – e soprattutto – social.
Quindi concentriamoci qui, restando soprattutto su Facebook.
Un primo passo è quindi quello di sdoppiare e sdoppiarsi. Il profilo personale è una cosa, quello della stalla è un altro.
Questo secondo profilo richiede di essere gestito con puntualità, impegno e strategia.
Innanzitutto si deve avere ben chiaro quale è l’obiettivo. Ebbene, l’obiettivo, con le possibile varie sfumature che possono differire, è questo: sostenere e promuove l’immagine della stalla, creando – per chi legge e osserva – una percezione di affidabilità, qualità, sostenibilità, sicurezza, eticità nel modo di lavorare dentro di essa.
Questo non è un di più nel lavoro di tutti giorni: è necessario tanto quanto la progettazione del piano colturale o la scelta di tori per la FA, per fare due esempi sulla cui importanza nessuno avrebbe da ridire. È necessario perché l’immagine dell’azienda, la sua percezione all’esterno, diventerà una condizione fondamentale per la sua collocazione sul mercato. Esagerato? Non credo.
Chiarito che le fotografie sulla sdraio in spiaggia, il commento sulla partita di calcio o sui fatti di cronaca (a meno che si tratti di fatti che chiamano in causa il settore agro-zootecnico) attiene al profilo personale, vediamo come organizzare efficacemente il profilo aziendale, quello che ci interessa.
Innanzitutto serve un calendario di pubblicazione, per non lasciare il tutto al caso, all’improvvisazione o all’estro del momento.
Non è richiesto di mettere ogni giorno qualcosa, certo, almeno all’inizio, ma non si può aprire uno spazio di comunicazione verso l’esterno e poi lasciarlo a fare le ragnatele. Deve essere aggiornato continuamente, per interessare e incuriosire, essere visto, letto, osservato.
Chi, dovendo vendere, non si premurerebbe di aggiornare con frequenza la vetrina? E lo stesso vale per lo spazio social: è una vetrina per “vendere” la nostra immagine al meglio.
Dunque, fatevi uno schema che cercherete di rispettare: ad esempio ogni due giorni, ogni tre, ogni quattro. L’importante che sia rispettato, si può sempre fare meglio in corso d’opera.
Definito il “quando” prima di arrivare al “cosa” pubblicare dobbiamo giocoforza ragionare sul fruitore della pubblicazione. Ci si rivolge, teoricamente, a chiunque. Ma soprattutto l’obiettivo è agganciare il pubblico non tecnico, perché è su questo che si deve puntare. Non sono le poche migliaia di colleghi allevatori o tecnici che hanno bisogno di conoscere una stalla (e poi questi già sono compresi nel giro dei contatti del profilo personale), ma la moltitudine di consumatori che su questo tema sono praticamente analfabeti.
È importante allora tenere conto di questo anche nei contatti, nelle scelte e nei collegamenti, nelle richieste di amicizia: più si allarga il giro extra-agricolo meglio è.
Bene, deciso con che frequenza pubblicare e a chi ci rivolgiamo, cosa pubblicare?
Per cominciare dobbiamo pensare in termini di medio-lungo periodo: non serve tutto subito, meglio piccoli contributi che si succedano con regolarità, una sorta di grande libro che si impara a conoscere pagina dopo pagina.
È utile avere una griglia di argomenti da coprire, per dare movimento e interesse. Qualcuno più bucolico, qualcun altro più tecnico, per soddisfare ogni palato.
I settori da far ruotare potrebbero essere così riassunti, per fare un elenco sicuramente incompleto:
– le motivazioni che sostengono il lavoro di ogni giorno
– la stalla: qualche sistemazione fatta, un ingrandimento, una nuova struttura.
– gli animali: momenti di vita della mandria
– a gestione delle campagne
– eventi organizzati dall’azienda
– ipotesi per il futuro
– link e commenti a pubblicazioni sulla stampa tecnica e generalista.
Punti su cui battere riguardano ovviamente tutto quello che si fa per il benessere animale, per la sanità degli animali, per la qualità del latte, per la sostenibilità e per il risparmio di risorse, per la riduzione delle emissioni, per il risparmio energetico, per la riduzione di pesticidi e chimica.
Attenzione a pubblicare solo cose su cui c’è certezza, che possono essere dimostrate. Altrimenti meglio lasciar perdere e aspettare l’occasione propizia.
Va sempre ricordato che si deve essere in ogni momento pronti a sostenere e motivare una discussione, su quello che abbiamo pubblicato, sia esso un testo, una fotografia, un filmato. E si deve essere pronti a gestirla su diversi piani di approfondimento, in base alla preparazione dell’interlocutore.
Sul profilo personale ovviamente fate come vi pare (il mio, ad esempio, è arido come il deserto), ma su quello aziendale serve educazione e rispetto nell’approccio e nelle risposte, anche se si aggancia nei commenti qualche controparte spigolosa. E, ancora, tutto va sempre collegato alla solidità di dati, prove, esperienze.
Argomentare sempre, insultare mai (anche se può essere difficile in certi casi) perché, non va dimenticato, quello che si butta in rete resta. Come un diamante, dura per sempre.
I testi devono essere brevi, corretti grammaticalmente, devono incuriosire e stimolare.
Fotografie e filmati vanno raccordati a spiegazioni e, dove possibile, inseriti con una logica (ad esempio serie di immagini nel tempo che mostrano il progredire di fatti legati alla campagna o di eventi di stalla, per dire) che porti a evidenziare l’impegno e i risultati dell’azienda sui temi caldi che abbiamo citato.
E i dati tecnici? Le produzioni spettacolari? Certo, anche questi fanno brodo, ma vanno “cucinati” come si deve, perché il rischio di confermare che si sfruttano senza cuore gli animali come fossero macchine da primato è sempre dietro l’angolo.
Ripeto: ci si rivolge (anche) a chi non è allevatore.
Naturalmente non si deve pensare di raccogliere frutti subito, ma certamente, lavorare bene sui social farà crescere la conoscenza dell’azienda e la sua immagine. E darà anche un piccolo contributo a riequilibrare il flusso di informazioni che si aggirano in rete, avvantaggiando tutto il settore.
Ultima nota: chi si deve occupare di questo? Dipende da quello che si vuole ottenere, con quale tempistica e da quanto si crede alla comunicazione fatta a livello di singola azienda.
Nessuno nasce imparato, tantomeno sui social e su come usarli per migliorare il posizionamento di immagine dell’azienda.
Si parte e si impara strada facendo.
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